Sono ancora al centro del dibattito politico le modifiche previste per i requisiti pensionistici a partire dal 2027.
Sebbene il recente Documento programmatico di bilancio non ne faccia menzione esplicita, il governo Meloni sta valutando la sterilizzazione dell’aumento automatico di 3 mesi sia per le pensioni di vecchiaia sia per quelle anticipate. Tuttavia, l’ipotesi di un blocco totale e sistematico appare poco sostenibile, a causa dell’elevato impatto economico stimato, attorno ai 5 miliardi di euro. Per questa ragione, l’esecutivo sta esplorando diverse soluzioni alternative, con l’obiettivo di contenere i costi e limitare la platea dei beneficiari.
L’incremento dei requisiti pensionistici previsto dal 2027 avrebbe comportato un innalzamento dell’età pensionabile da 67 anni a 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia, oltre a maggiorazioni analoghe per le pensioni anticipate. La sterilizzazione totale di questo aumento, come anticipato, comporterebbe una spesa di circa 5 miliardi di euro, una cifra giudicata insostenibile dall’attuale governo.
In passato, esponenti politici come Claudio Durigon, sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali nel governo Meloni, avevano affermato che tale aumento non sarebbe stato applicato. Tuttavia, con il passare del tempo e la necessità di trovare coperture per la nuova manovra, la linea si è fatta più cauta, orientandosi verso soluzioni parziali o mirate.
Tra le ipotesi allo studio vi sono:
- La riduzione della platea dei beneficiari dello stop all’aumento;
- L’applicazione di uno scatto più leggero, ad esempio ridotto da 3 a 1 mese;
- L’introduzione di meccanismi di decorrenza differenziata per i trattamenti pensionistici.
Tutela per i lavoratori usuranti e gravosi
Una delle proposte più concrete riguarda l’esclusione dall’aumento per le categorie di lavoratori impiegati in attività particolarmente pesanti e logoranti, i cosiddetti lavori usuranti e gravosi. Già nel 2019, a fronte di un aumento di 5 mesi dell’età pensionabile, per questi lavoratori l’incremento non fu applicato.
In quella circostanza, la pensione per i lavoratori gravosi fu fissata a 66 anni e 7 mesi di età con almeno 30 anni di contributi effettivi, senza considerare i contributi figurativi. Questa soluzione ha ridotto la platea dei beneficiari dello stop, contenendo i costi per lo Stato.
L’eventuale decisione di replicare questo modello nel 2027 dipenderà dall’approvazione della Legge di Bilancio, attesa nelle prossime settimane. La tutela di queste categorie rappresenta un nodo cruciale, considerata la natura spesso faticosa e logorante di molte professioni.

Flessibilità nelle finestre di decorrenza e limiti anagrafici (www.diabasis.it)
Un’ulteriore strada percorribile è quella di intervenire sul meccanismo delle finestre di decorrenza, ossia il periodo che intercorre tra il raggiungimento dei requisiti pensionistici e l’effettiva erogazione della pensione.
In passato, ad esempio, per le pensioni anticipate ordinarie fu introdotta una finestra mobile di 3 mesi. Oggi si ipotizza di congelare l’aumento dei 3 mesi previsto dal 2027, ma di aggiungere un’ulteriore finestra di attesa di 1 mese, che sposterebbe il primo rateo pensionistico dal primo giorno del mese successivo al compimento dell’età pensionabile al primo giorno del secondo mese successivo.
Un’altra proposta allo studio è quella di fissare un limite anagrafico per il blocco dell’aumento, ad esempio a 64 anni: chi raggiunge questa età entro il 2027 potrebbe mantenere i requisiti attuali, mentre per chi è più giovane l’aumento scatterebbe, anche se in misura ridotta.